Se hai partecipato alla Convention Oikos lo scorso 11 novembre, avrai anche avuto il piacere di ascoltare la presentazione della color designer Francesca Valan. Il suo intervento di apertura si è concentrato sull’evoluzione del colore, con l’obiettivo di prevedere quali saranno le tendenze nei prossimi anni.
Intuire quale sarà il colore dei prodotti da qui ai prossimi 20 anni è soprattutto un lavoro di ricerca a ritroso perché, come spesso accade, per capire il futuro bisogna conoscere il passato. In questo modo diventa più semplice individuare alcune macro-tendenze che poi, nel tempo, tendono a ripetersi e definiscono scenari, colori, abbinamenti.
Se te lo sei perso o vuoi avere un riassunto di quanto è stato detto, questo articolo fa al caso tuo.
Qui troverai i punti fondamentali della presentazione e il video completo sull’evoluzione del colore.
Il colore nello studio di prodotto
Chi prevede le tendenze fa statistica: conosce i cicli del colore, sa quali colori ci sono stati e quali mancano e, in base a questo, fa previsioni, riproponendoli con nuove finiture.
Quello che si compra non è il colore preferito, bensì quello che in un preciso momento siete disposti a vedere. Un nuovo prodotto con un colore visto per troppo tempo perde in originalità ed è quindi importante sapersi rinnovare continuamente.
I colori hanno cicli diversi: più sono intensi e meno durano. I neutri, infatti, sono quelli che durano di più.
In passato questa ciclicità serviva ad accentuare il ritmo delle vendite, ora è più corretto dilatare i tempi affinché un prodotto non diventi obsoleto visivamente prima di quanto non lo sia materialmente.
Ma quanto dura la vita di un colore?
Questo dipende molto dal mercato. In Italia i tempi sono brevi, in Germania sono più lunghi perché il colore è usato in modo più funzionale. Molto spesso le evoluzioni del mercato possono spingere l’adozione di nuovi colori o rimetterli in circolo, quindi è importante cogliere i segnali di cambiamento con anticipo.
Stai usando una tinta o un colore?
Una precisazione va fatta sull’utilizzo dei termini tinta e colore, che usiamo come se fossero la stessa parola ma hanno due significati diversi per chi è del mestiere. I colori possono essere messi in ordine solo con una struttura tridimensionale: ogni spicchio di questa sfera è una tinta. Per cui possiamo dire che il colore è un punto, la tinta un piano della sfera.
Semplificando, quando diciamo tinta non abbiamo definito un colore, abbiamo semplicemente detto che è un blu. Possiamo avere tanti colori nella stessa tinta blu.
Per chi progetta il colore, bisogna tuttavia considerare che esistono relazioni forti tra prodotto e colore, ad esempio La Ferrari è rossa.
Questi colori si chiamano “iconici” e possono essere di tre tipologie: funzionali, storici e materici. Abbiamo poi i colori “sintattici” che possono essere generici o astratti.
Scegliere il colore rappresenta il 50% del lavoro. Dopo, bisogna decidere come impiegarlo: monocromatico, bicromatico o policromatico. Se ad esempio volete mettere in evidenza le forme è meglio utilizzare un colore unico (es. statue greche); se invece desiderate rompere le forme si frammenta il colore.
La timeline del colore
1950s
Il periodo di rinascita economica post conflitto porta il buon umore.
I colori più importanti sono i colori pastello.
Nuovi prodotti, come gli elettrodomestici, entrano nelle case con colori per neonati. Il colore nero che richiama l’uso bellico è sconsigliato.
1960s
I colori più importanti sono i primari come il bianco e il nero, il rosso e il verde.
Sono gli anni del design, La plastica diventa la “tecnologia” del momento e i prodotti si allineano all’unicità del materiale con colori molto saturi.
1970s
Sono gli anni della forma. La plastica vive un momento di crisi perché inquina, si va nello spazio, che è acromatico, e lo spazio stesso diventa un valore. Si affermano una serie di mobili che lasciano fluire lo spazio. La forma è importantissima per cui si usa un unico colore come le terre e i marroni.
1980s
La televisione ha cominciato a trasmettere a colori quindi un prodotto può essere comunicato a colori e questo si trasforma in un valore aggiunto. Più colori hanno gli oggetti e più trasmettono valore.
1990s
Sono gli anni dei materiali. Il colore passa in secondo piano e si preferiscono le forme e le scelte di materiale per trasmettere valore.
2000s
Gli oggetti sono essenziali e richiedono finiture molto curate. Le nuove tecnologie consentono di tagliare i metalli e la decorazione diventa parte della materia.
2010s
Sono gli anni del “natural”, del low tech, del fatto in casa.
2015s
Assistiamo al ritorno fortissimo del colore. Uno dei nuovi valori è la privacy e nascono nuovi spazi dove isolarsi. Non era mai successo che il colore andasse a rivestire degli oggetti lussuosi. Molto oro.
2020s
Il tech si legherà sempre più alle emozioni più che agli oggetti. Il valore è non possedere, la libertà di avere lo spazio, il tempo, il silenzio. L’attenzione si sposta dall’oggetto allo spazio. Sono vuoti da riempire, da modificare. Nuovi spazi condivisi.
Tra 2025 e 2035
Non si parlerà più di colori perché con le proiezioni 3d ci si concentrerà sulle sensazioni.
Gli spazi diventeranno scenografie.